LE NOSTRE RECENSIONI


Rubricando : 27/1 Giornata della Memoria



"E infine, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola spuntato. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima solitudine, e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno…" "Se questo è un uomo"



Oggi è la Giornata della Memoria, ma sarò sincera non amo molto giornate come queste, perché io personalmente non ho bisogno di ricordare attraverso film, documentari, immagini postate sui social network o leggendo libri che trattano l'argomento, perché la mia memoria non potrebbe mai dimenticare ciò che credo sia impossibile dimenticare... Ma soprattutto lo ricordo sempre e non solo oggi.
Sono da poco stata ad Amsterdam, che sta a due ore da casa mia, sono andata con il mio nipotino di 7 anni e mezzo verso la casa di Anna Frank: volevamo visitarla perché il mio nipotino ne ha da poco letto il libro, ma la coda era chilometrica, faceva molto freddo ed era impensabile stare ore sotto la pioggia con un bimbo... Ma vedere così tanta gente in coda mi ha scaldato il cuore, perché è una conferma che la gente non dimentica, che la gente non vuole dimenticare e ricorda ogni giorno! Una cosa che mi ha colpito inoltre è che nel quartiere vicino alla casa di Anna Frank tutte le luminarie natalizie erano Stelle di David!
Ho lasciato Amsterdam con la promessa di ritornarci, portare finalmente il mio nipotino a vedere la casa di Anna Frank e con il desiderio di andare presto in Polonia a visitare Auschwitz e anche il Lager dove fu rinchiuso come prigioniero civile mio nonno...
La mia giornata della memoria è questa, un costante ricordare e ripensare a ciò che fu fatto, a ciò che dovettero subire uomini, donne e bambini il cui unico "errore" era di essere ebrei!


Voglio in ogni caso consigliarvi qualche lettura, proprio per continuare a non dimenticare mai!

Nel 1944 Denis Avey, un soldato britannico che stava combattendo nel Nord Africa, viene catturato dai tedeschi e spedito in un campo di lavoro per prigionieri. Durante il giorno si trova a lavorare insieme ai detenuti del campo vicino chiamato Auschwitz. Inorridito dai racconti che ascolta, Denis è determinato a scoprire qualcosa in più. Così trova il modo di fare uno scambio di persone: consegna la sua uniforme inglese a un prigioniero di Auschwitz e si fa passare per lui. Uno scambio che significa nuova vita per il prigioniero mentre per Denis segna l'ingresso nell'orrore, ma gli concede anche la possibilità di raccogliere testimonianze su ciò che accade nel lager. Quando milioni di persone avrebbero dato qualsiasi cosa per uscirne, lui, coraggiosamente, vi fece ingresso, per testimoniare un giorno la verità. La storia è stata resa pubblica per la prima volta da un giornalista della BBC, Rob Broomby, nel novembre 2009. Grazie a lui Denis ha potuto incontrare la sorella del giovane ebreo che salvò dal campo. Nel marzo del 2010, con una cerimonia presso la residenza del Primo ministro del Regno Unito, è stato insignito della medaglia come "eroe dell'Olocausto"....


L'inferno del maggiore Lager, del Lager per antonomasia, è disegnato nella sua estensione e profondità, le sue istallazioni descritte con rigore catastale, l'iter del detenuto, anzi dello Hüftling, se vogliamo conservare, come titolo d'onore, questa qualifica che ha accompagnato nella morte milioni di innocenti, minuziosamente tracciato, dalla sosta sulla banchina ferroviaria al forno crematorioi il modo con cui questo inventario è pronunciato, quasi se ne cogliesse per la prima volta la consistenza reale, oltrepassa di gran lunga il dato naturalistico, s'impone con la chiarezza conferita da una forza elementare. Ma il passato è solo una delle dimensioni dell'oratorio di Weiss: l'altra, meno avvertibile per la sua stessa mobilità e ambiguità, è quella del presente, del modo in cui quel passato è rivissuto, atteggiato. All'evocazione dei fatti compiuta dagli scampati, corrispondono le interpretazioni, le prese di posizione degli imputati e di molti «testimoni», che depongono a piede libero. Questo aspetto dell'Istruttoria, se anche meno emozionante, ha una forza di rivelazione, anzi di denuncia, stupefacente: reticenza, malafede, menzogna, viltà, cinismo, ottusità, sono caratteri dei despoti, dei boia, dei carcerieri di un tempo; la lezione che si ricava dal loro atteggiamento, certo favorito dall'indulgenza, dall'acquiescenza, quando non dall'appoggio attivo della società in cui oggi vivono, è in un certo senso, forse, piú drammatica di quella derivante dall'evocazione del passato. Non sono parole, quando si dice che Auschwitz continua ancora dentro e intorno a noi.



Nemmeno la più tremenda delle persecuzioni può impedire di amare.
 Amsterdam, 1944. Peter, un giovane ebreo, per sfuggire alle persecuzioni naziste è costretto a nascondersi in un rifugio segreto insieme ai genitori e alla famiglia Frank. Per quelle otto persone rinchiuse in uno spazio angusto, l’esistenza è monotona e lenta, segnata della paura che piano piano si impossessa di loro. Unica luce nel buio dell’“Alloggio segreto” è Anna Frank: lei, infatti, vivace e arguta, tutta presa dalla scrittura del suo diario, non si lascia vincere dalla disperazione. Senza più contatti con il mondo esterno e privati della propria libertà, lei e Peter si confrontano, superano l’iniziale diffidenza e finiscono per innamorarsi, riuscendo a vivere, nonostante tutto, i turbamenti della loro età. Con uno stile diretto e penetrante, Peter consegna a queste pagine, come in un unico flashback, i ricordi del suo incontro con Anna, dai primi giorni d’isolamento fino agli istanti prima della propria morte, testimoniando, ancora una volta e con gli occhi di un ragazzo, l’orrore dell’Olocausto.


Quello che i parigini chiamavano Vél' d'Hiv, il Velodromo d'Inverno, era un edificio dedicato allo sport, capace di contenere 17.000 spettatori. Un tempio consacrato allo svago nel cuore della città. Quanto di più stridente con l'uso ignobile cui fu piegato quando vi furono ammassati migliaia di inermi cittadini ebrei destinati alla deportazione:il rastrellamento del 16 e 17 luglio 1942, infatti, è uno degli episodi più vergognosi e tragici della Seconda guerra mondiale. Per ordine del governo di Vichy, 3.031 uomini, 5.802 donne e - fatto mai accaduto prima - 4.051 bambini vengono strappati dalle loro case e rinchiusi nello stadio.In condizioni disumane, fra i disagi, la disperazione, la fame e la mancanza d'acqua, qualcuno riesce a scribacchiare una lettera che, grazie alla buona volontà di qualche carceriere, arriva a destinazione. Sono messaggi essenziali attraverso i quali conosciamo la quotidianità della prigionia.Alcuni traboccano di speranza: sono quelli di chi, ignaro della propria sorte, osa pensare al futuro; molti altri, invece, vanno dalla preoccupazione alla lucida consapevolezza di un non ritorno.E alcuni, infine, i più toccanti, sono quelli che danno voce allo strazio per i più piccoli: la madre che affida il fi glio a degli sconosciuti, il fratello maggiore che si angoscia per il pianto del fratellino, la ragazzina che chiede perdono ai suoi cari per chissà quali mancanze.
Abbiate pietà di mio fi glio raccoglie queste sconvolgenti lettere,riunite qui per la prima volta - a lungo si è creduto che di quel drammatico capitolo della Shoah esistesse una sola fotografia -, unitamente alle riproduzioni fotografi che delle lettere e a immagini d'epoca. Un documento storico, unico e potente.

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